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Profezie - Profeta di Assisi

 

Massimo Coppo: riflessioni e soluzioni per questo tempo

 

Alla conclusione  del "Cortile dei Gentili” che si è tenuto di nuovo – dopo quello del 2012 - ad Assisi con il nome di "Cortile di San Francesco" è pur necessaria una sua valutazione alla luce di quel che San Francesco realmente era e predicava.

L'intento di questo incontro" promosso dal Pontificio Consiglio della Cultura per il dialogo tra credenti e i non credenti, è la ricerca di un comune riconoscimento di "valori" - in fondo quelli di libertà, fratellanza e uguaglianza dell'anticristiana rivoluzione francese - attorno ai quali persone di diverse fedi o ideologie possano ritrovarsi per una migliore convivenza umana. Non a caso il titolo programmatico di questo evento è stato la parola "umanità".

Ma che cosa muoveva San Francesco nel suo infaticabile predicare camminando a piedi nudi per paesi vicini e lontani quali la Siria, l'Egitto, la Spagna...? Non il semplice desiderio di dialogare e confrontarsi con gli altri, ma piuttosto (come ha ben evidenziato in un suo libro anche un partecipante al cortile di San Francesco non credente, Massimo Cacciari)  l'ardente, impaziente, irrefrenabile passione per le anime, che il Santo voleva portare alla salvezza eterna e all'amore per Cristo, per i poveri e per la Chiesa." Fratelli miei, voglio mandarvi tutti in Paradiso!" esclamava esultante al ritorno da Perugia dopo aver ottenuto dal Papa l'indulgenza plenaria per chi venisse penitente alla Porziuncola di Santa Maria degli Angeli.

Ma queste parole: salvezza, vita eterna, Paradiso... sono vistosamente mancate nei cinque giorni del cortile di San Francesco ad Assisi. Sì, proprio quelle "parole di vita eterna" che San Pietro attribuì come prerogativa unica al suo Maestro, quando disse a Gesù: "Dove ce ne andremo? Tu solo hai parole di vita eterna!" Tantomeno si è sentito nominare quella "morte eterna", quell'inferno di cui pure tanto spesso Francesco parlava nelle sue prediche e la cui tragica realtà compare anche in quel suo meraviglioso Cantico delle Creature con il nome di “ morte secunda”, seconda morte, come viene definita nel libro dell'Apocalisse. Se manca la prospettiva escatologica di ognuno di noi individualmente e del mondo intero, manca l'essenza stessa del Vangelo.

Papa Francesco tempo fa ha ricordato che una Chiesa senza profezia manca della vita stessa di Dio. "Perché dite la parola dei profeti è come il vento passato", si legge in una delle due profezie su Roma di Marcello Ezechiele Ciai (Alla Città Gaudente, 1995) "perché dite pace, libertà, benessere, quando queste cose non ci sono e non potranno essere. Io ho creato la semina e la vendemmia; ma voi siete solo capaci di ubriacarvi delle vostre idee. I vostri iniqui pensieri hanno sconvolto tutte le cose belle da me per voi create…Non ricercate le vie antiche, e vi preparate i vostri sepolcri!"



"Sono in debito verso i Greci come verso i barbari, verso i dotti come verso gli ignoranti:  sono quindi pronto, per quanto sta in me, a predicare il Vangelo anche a voi di Roma. Io infatti non mi vergogno del Vangelo, poiché è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede..."(San Paolo ai Romani 1:14-16) L'Apostolo delle genti sapeva il rischio che avrebbe corso nell'andare ad annunziare il Vangelo a Roma, e infatti lì finì per essere decapitato sotto la persecuzione di Nerone. Mi piace molto questa sua intrepida affermazione dell'apostolo, che fa da contrappunto al severo monito di Gesù: "Chi si vergognerà di me e delle mie parole, di lui si vergognerà il Figlio dell'uomo, quando verrà nella gloria sua e del Padre e degli Angeli Santi" (San Luca 9:26). Come, sempre di San Paolo, cito spesso quest'altra frase: "E' forse il favore degli uomini che intendo guadagnarmi, o non piuttosto quello di Dio? Oppure cerco di piacere agli uomini? Se ancora io piacessi agli uomini, non sarei più servitore di Cristo!" (Galati 1:19) Per questo mi sento molto a disagio in certi incontri di preghiera interreligiosi, come quello che si è tenuto non molto tempo fa ad Assisi nella basilica di San Francesco, in cui oltre al Vescovo di Assisi c'era un'esponente dell'ebraismo e un imam islamico. Gesù ha assicurato che quando due o tre si accordano per chiedere qualcosa nel suo nome, verranno esauditi. Ma in questi incontri di preghiera in nome di chi si prega, se gli ebrei nella maggioranza credono che Gesù sia stato un falso Messia, e gli Islamici addirittura negano che sia morto in croce? "Nome" significa "identità, autorità, potenza". Il Gesù nel cui nome un cristiano prega Iddio Padre, è il Figlio di Dio , Dio vero da Dio vero, unico Salvatore e Giudice di tutti. Morto in croce per amore di tutti, risorto per dare, con lo Spirito Santo, la forza di osservare quei comandamenti di giustizia e amore che in fondo nessuno di noi - che siamo Ebrei o Mussulmani o Cattolici - riusciamo a mettere in pratica da soli. Non facciamo del bene ai nostri amici ebrei o islamici se sottaciamo questa bella, salvifica notizia, per paura di incontrare il loro dissenso. Anzi, il Signore ci chiederà conto di questo. Gli apostoli andarono a morire martiri per evangelizzare il mondo allora conosciuto...
 



In questi giorni in cui ricorrono 66 anni dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani promossa dalle Nazioni Unite, dall'Homeless Shelter (rifugio per senza tetto, ce ne sono 50.000 a New York) in cui sono stato accolto per i dodici giorni della mia missione a New York, in una ventina di minuti arrivavo a piedi alla sede delle Nazioni Unite, per vedere gli antichi manoscritti riguardanti San Francesco, esposti all'interno dell'ONU. Dirimpetto all’ingresso dell’Onu, c’è una scalinata costeggiata da un muro in cui sono impresse queste parole del profeta Isaia (2,4):
 Egli farà giustizia fra le nazioni e sarà arbitro
fra molti popoli. Forgeranno le loro spade in vomeri e le loro lance in falci; una nazione non alzerà più la spada contro un'altra nazione e non si eserciteranno più nell’arte della guerra”.

L'ONU fu istituito nel 1945 sulle macerie e gli orrori della seconda guerra mondiale con un miraggio di pace e di armonia tra i popoli, ma quante guerre si sono poi susseguite da allora!
Ma pure la promessa pace anticipata dai profeti biblici si realizzerà, ma soltanto ad opera di Colui che risorto riapparve ai suoi discepoli salutandoli così: pace a voi!
La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948 nel primo articolo, parlando di libertà, eguaglianza e fratellanza, mostra di ispirarsi ai principi atei e illuministici della Rivoluzione Francese, e non alla parola di Dio che in ogni essere umano vede una creatura di Dio, creata per amore a Sua immagine e amata fino al sacrificio del Suo Figlio: e perciò rivestita di una dignità preziosa e inestimabile. Mi venivano in mente due profezie di Marcello Ciai "Il Mantello" e "Alla Città Gaudente" in cui si legge tra l'altro :  "
Si parla di pace, si cerca la pace, ma gli uomini non sanno più  neppure cosa sia " pace ". La pace solo io posso darla; ma nessuno trova più " quel tesoro nascosto nel campo ", perché nessuno vuole rinunciare e tutti vogliono avere " .
E ancora : << Perchè dite: " la parola dei profeti è come il vento passato ? " Perchè dite: "pace, libertà, benessere", quando queste cose non ci sono e non potranno essere? Guerra oppressione e fame, io manderò allora sulle vostre nazioni.  Oracolo del Signore>>.

Tra gli antichi manoscritti riguardanti San Francesco, esposti per circa un mese, ho cercato inutilmente se ci fosse un'antica copia della lettera che San Francesco indirizzò a tutti i governanti della terra.
Una lettera che sembra un'utopia nei confronti del laicismo che è alla base di un'organizzazione come quella delle Nazioni Unite, perché in questa lettera, tutt'altro che aconfessionale, San Francesco esorta i responsabili delle nazioni ad attenersi ai comandamenti del Signore, a prendere devotamente l'Eucarestia, e a bandire ogni sera tra la gente un tempo di preghiera di ringraziamento a Dio per i benefici concessi.
E il saluto che ricorreva spesso sulle labbra di San Francesco "Il Signore ti dia pace" voleva ricordare proprio questo: che solo Gesù può darla!

 



Siamo nei tempi del "Tau", questo misterioso segno con cui San Francesco siglava le sue lettere, ultima lettera dell'alfabeto ebraico. Francesco lo prese da una visione del profeta Ezechiele che preannunciava il disastro nazionale del popolo d'Israele e la distruzione di Gerusalemme. "Così dice il Signore Dio al paese d'Israele: La fine", doveva riferire questo profeta a un popolo che - proprio come tanti religiosi e "credenti" di oggi - non credeva all'attuazione delle visioni divine, e comunque pensava che si realizzassero chissà quando, in un remotissimo futuro. "Mi fu rivolta ancora questa parola del Signore: Figlio dell'uomo, ecco, gli Israeliti van dicendo: La visione che costui vede è per i giorni futuri; costui predice per i tempi lontani. Ebbene, riferisci loro: Dice il Signore Dio: Non sarà ritardata più a lungo ogni mia parola..."(Ezechiele12:26-28). Il Tau, segno di un giudizio che incombe e di una fine ormai prossima, ma anche segno di salvezza per quanti vi venivano segnati sulla fronte dall'angelo che precedeva lo sterminatore, perché sospiravano e piangevano per tutti gli abomini che vedevano attorno a loro. Siamo nei tempi della fine, Gesù torna, torna! Ma noi dormiamo, trasognati, proprio come il Signore dice che avvenne nei giorni che precedettero il diluvio, e prima della distruzione di Sodoma: "Non si accorsero di nulla!" (Matteo 24:39) Siamo nei tempi della fine! Otto secoli dopo San Francesco un uomo della terra di Assisi, Marcello Ciai, ha avuto delle visioni che lo hanno portato alla fede, alla penitenza, e a un sofferto ministerio profetico. La prima di queste visioni riguardava proprio il profeta Ezechiele, di cui quest'uomo non conosceva nemmeno l'esistenza! Lo spirito di profezia rimbalza nei secoli e avverte: la fine è vicina! Gesù torna!
 



In una e-mail arrivata dall'Inghilterra, mi è stato chiesto quale sia il messaggio centrale delle profezie di Marcello Ezechiele Ciai, che cito spesso nel corso della missione che mi tiene in Assisi notte e giorno.

Nelle profezie di Marcello - una, "Il Mantello", del 1981, le altre quattro del 1995 - ricorrono severi richiami al pentimento e alla conversione, in un mondo che è sotto l'ira di Dio, e nell'avvicinarsi del "gran giorno" quando, come si legge nella prima profezia di Marcello (è il Signore che parla in prima persona):

" Eccomi al vostro orgoglio, alla vostra presunzione, alla vostra cupidigia, alla vostra prepotenza e arroganza, alla vostra lussuria, al vostro libertinaggio, al vostro opportunismo, alla vostra ipocrisia e falsità, alla vostra avarizia, alla vostra corruzione. Tutto il denaro speso in vanità e accumulato nel mondo fino ad oggi non vi servirà però per corrompere la mia giustizia.
Ogni mia parola andrà ad effetto e allora sarà il pianto e lo stridor di denti" (Il Mantello, 1981).

E anche nella seconda profezia rivolta a Roma, (Alla città gaudente, 1995) ritorna questo monito:

"Odi, oh terra, dov'è la tua salvezza ? A Papeete o nel Papa forse ?!
Io, faccio piovere secondo le stagioni, Io, ho creato la semina e la vendemmia; ma voi siete solo capaci di ubriacarvi delle vostre idee.
I vostri iniqui pensieri hanno sconvolto tutte le cose belle da me, per voi create.
Ed è per questo che sventura e terrore arriveranno su di voi. Non ricercate le vie antiche e vi preparate i vostri sepolcri.
Oracolo del Signore" (Alla città gaudente, 1995).

E il giudizio si abbatterà anche su tanti religiosi che non parlano e non si preoccupano del ritorno del Signore.

" Figlio mio profetizza contro i sacerdoti... Dicono in cuor loro :
- il padrone tarda a venire -  e si mettono anche loro a divertirsi, a mangiare,  a bere, a fare all'amore, a dormire, a comprare e vendere e litigare . Ma di' loro, cosi' dice il Signore : -  quando meno ve l'aspettate il padrone tornerà e allora vorrete nascondervi nella tonaca e nell'altare, ma il mio fuoco vi smaschererà e sarà il pianto e  lo stridor  di denti . Parola del Signore ".

Come per tutte le profezie di Dio - che è un Dio di amore - lo scopo è di portare gli uomini a salvezza, e per questo vi ricorrono accorati appelli:

" Ravvedetevi finché siete in tempo ! La mia ira e' sopra la terra e il mio furore s'infiamma. Venite ! Venite e domandate ! Convertitevi quando è ancora mattino ! Le urla del vespro mi spaventano, i suoi lamenti m' intristiscono". 

E Dio che ha a cuore non solo la finale salvezza delle sue creature ma anche la loro vita terrena, ha ispirato Marcello a scrivere anche profezie che si sono avverate inequivocabilmente, concernenti eventi del nostro tempo quali il terremoto di Assisi del 1997 e il collasso globale dell'economia mondiale. Ma sempre nella prospettiva di quel giorno, liberatorio e glorioso per tutti quelli che amano Dio, quando:
 

...Il deserto si trasformerà poi e dunque in giardino. 
In un libro finalmente leggeranno.
L'umiltà udrà, la giustizia vedrà.
Il beffardo e il buontempone spariranno
e nessuno potrà più per un nulla rovinare l'altro.
I messaggeri di pace non si strozzeranno
e gli araldi li accoglieranno.
Il giardino si trasformerà in parco
e il libro in dottrina.
Lo Spirito del Signore abbraccerà la terra
e i morti allora si ameranno" (Ascolta Assisi! , 1995).
 


"Non illudetevi, c'è un vizio che è l'arroganza che porta all'inferno...": così un giorno Marcello riferisce a due persone vissute lunghi anni in una vita di preghiera, rinuncia al mondo e servizio alla Chiesa e alla gente. Non lo dice di suo, Marcello, e non vorrebbe dirlo, ma il Signore glielo ha rivelato in visione per quei due religiosi, e un profeta deve riferire ciò che riceve da Dio per gli altri, che poi lo ascoltino o non l'ascoltino.

Ma come Dio può essere così severo? Viene in mente quello che avvenne a un monaco del deserto, che dopo tanti anni di ascesi chiedeva al Signore come lo vedesse.  Gli fu rivelato di andare a trovare in una città vicina un uomo la cui condotta di vita era paragonabile a quella del monaco. Giunto alla sua casa, il monaco vi vide uscire due guardie che portavano via quel tale, che avevano arrestato perché era un ladrone!

Quante sorprese, nel giorno del giudizio, su come Dio vede ognuno di noi! Solo Dio conosce i cuori, e la nostra salvezza non è così scontata come ci piace credere...
 



13 Maggio 1981:  a Piazza San Pietro  un killer bulgaro spara a Giovanni Paolo II che miracolosamente sopravvive, pur gravemente ferito, all'attentato.  13 giorni prima, Marcello Ezechiele Ciai, il profeta di Assisi, aveva avuto sul Papa un sogno profetico che così aveva trascritto: ” Nel primo giorno del quinto mese dell’anno 1981, vidi in sogno il Papa gravemente malato e pallido in viso, ma in piedi dietro un piccolo tavolino bianco di ospedale. Anch’io stavo in piedi, di fronte a Lui, in silenzio, come un allievo dinanzi al suo maestro”. "Tredici giorni dopo ci fu l’attentato di Agca, ed è vero che il Papa rimase, pur ferito, in piedi", commentò il famoso scrittore e giornalista Guido Ceronetti  in un lungo articolo dedicato a Marcello sul quotidiano La Stampa.  Ma su San Giovanni Paolo II questo profeta ebbe successivamente anche una profezia, che tra l'altro, a proposito della sua Papamobile protetta da vetri antiproiettile, ammoniva: "Non si è accorto, accartocciato, che io faccio cadere o preservo Presidente e Faraone?" Una profezia che sortì il suo effetto "santificante", ma che anche anticipava misteriosamente un duplice esilio di Papi. Da ultimo, in occasione del Conclave del 12-13 Marzo 2013, Marcello Ezechiele Ciai , mosso dallo Spirito Santo, sentì di inviare  un suo discepolo, Massimo Coppo, a pregare su una chiavica di Piazza San Pietro per un Papa che rinnovasse la Chiesa, "povero, vicino ai poveri", e fu: Papa Francesco. Da Assisi, soffia di nuovo con forza lo Spirito che investì San Francesco perché riparasse una Chiesa in rovina...

 


 

Ecco, il profeta irrompe con l’autorità dello Spirito Santo sulla scena della “normalità religiosa”, e con le sue parole e azioni provocatorie vuol far tornare la gente a Dio e al Suo Vangelo eterno. Di profeti attuali posso dire di conoscerne uno solo, Marcello Ciai, che mi ha riportato nella Chiesa cattolica. Quando lo conobbi, a Perugia, tanti anni fa, io ero un “evangelico” convinto, e tenevo conferenze bibliche agli studenti universitari. Lui era un ex ragioniere e uomo d’affari, che però aveva “visto” Gesù e si era messo alla Sua sequela senza “sconti”. Ci fermammo a parlare tutta una notte. Intuii di avere di fronte un uomo di fede vera: quel Gesù di cui io parlavo soltanto, e malamente, lui lo conosceva veramente, e me ne parlava con l’autorità dello Spirito … divenne ed è tutt’ora la mia guida spirituale.

A questo riguardo anche Papa Francesco ha detto: “Quando manca la profezia nella Chiesa, manca la vita stessa di Dio e ha il sopravvento il clericalismo”

 


 

“Odi, oh terra, dov'è la tua salvezza ? A Papeete o nel Papa forse ?! Io, faccio piovere secondo le stagioni, io ho creato la semina e la vendemmia; ma voi siete solo capaci di ubriacarvi delle vostre idee. I vostri iniqui pensieri hanno sconvolto tutte le cose belle da me, per voi create. Ed è per questo che sventura e terrore arriveranno su di voi.”

Ho ripensato a questo brano di una delle profezie di Marcello Ezechiele Ciai, del 1995, all’indomani dell’immane tragedia delle Filippine. Parole che sembrano fin troppo dure, da parte di un Dio Padre che, come ha detto Gesù, nutre gli uccelli del cielo, e non un passero cade senza il Suo volere (San Matteo 6:26; 10:29). Eppure, lo stesso Gesù, parlando degli sconvolgimenti che precederanno il suo ritorno, dice che vi sarà “angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l'attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra” (Luca 21:25-26).

È purtroppo così: tragici eventi di “sventura e terrore” si verificano sempre più frequenti su questo nostro mondo, ma noi non vogliamo confrontarci con il fatto che siamo negli ultimi tempi. Abbiamo paura della profezia, delle profezie stesse della Parola di Dio, e tanto più di quelle che lo Spirito può ispirare a qualche profeta del nostro tempo, come quello che ho citato, in cui tra l’altro si legge: “lo Spirito dice espressamente…perché dite: la parola dei profeti è come il vento passato…la mia parola profetica è dimenticata, misconosciuta o sfuggita…ma ogni mia parola andrà ad effetto e allora sarà il pianto e lo stridor di denti”. Un argomento di estrema e più che mai attuale importanza, su cui mi riprometto di ritornare.

 


 

Ad Assisi, c'è grande attesa per la venuta del primo Papa della storia che ha assunto il nome di Francesco. Dalla Piazza del Comune, sento di aggiungere due considerazioni su questa visita "epocale". Papa Francesco sta incarnando la scelta "minoritaria" che fece San Francesco, schierandosi decisamente dalla parte dei poveri, a cominciare dal nome stesso - "minores = minori" - con cui volle che si chiamassero lui e i suoi frati. La scelta di campo fatta dal Papa è incontrovertibile, e ha senz'altro avvicinato molto la Chiesa alla gente comune, e anche a tanta parte del mondo "laico".

Ma l'altro aspetto dirompente della predicazione di San Francesco, è il Suo costante riferirsi alla realtà ultraterrena che aspetta ogni uomo, sia come compensa e consolazione delle sofferenze di questa vita se sostenute "in pace", come scrive San Francesco nel Cantico delle Creature, sia come "guai" che attendono "quelli che morranno nei peccati mortali", sempre per citare il Cantico, in cui il Santo parla esplicitamente della "morte secunda", l'inferno eterno!

 


 

A margine della lettera aperta indirizzata al Papa, in particolare sul quesito se chi non crede e nemmeno cerca la fede si può salvare dal Giudizio di Dio, c'è una riflessione che si impone sulle ultime parole del mandato affidato da Gesù ai suoi discepoli, prima di ascendere in cielo. Dopo aver detto che chi avrebbe creduto alla loro predicazione e con il battesimo fosse entrato a far parte della Chiesa, si sarebbe salvato, il Signore ha aggiunto: "Chi non avrà creduto, sarà condannato". Ma proprio queste parole solennemente proclamate da Colui che è la Verità, Gesù stesso, tanti nella Chiesa non le credono, o non hanno il coraggio di affermarle. A ben considerarlo, il Vangelo è sì una gran bella notizia, ma solo per alcuni: per i poveri, ad esempio ai quali Gesù assicura che di essi è il Regno dei cieli (San Matteo 5:3): ma non per i ricchi e i gaudenti di questo mondo che Gesù avverte: di là avranno fame, saranno afflitti e piangeranno (San Luca 6:25).

Ecco, Gesù è venuto a portare non solo le dolcissime parole "venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi... e troverete ristoro per le anime vostre (San Matteo 11:28-29), ma anche le durissime parole rivolte all'incredula società del suo tempo: ”...Guai a te, Corazin! Guai a te, Betsaida!....Nel giorno del Giudizio, Tiro e Sidone saranno trattate meno duramente di voi… Tu, Cafarnao… fino agli inferi precipiterai!" (San Luca 10:13-15) E i discepoli del Signore dovunque predicavano portavano innanzitutto un saluto di pace, ma se non erano accolti dovevano scuotere la polvere dai loro piedi, come eloquente ultimo avvertimento del giudizio che incombeva su quanti non avevano dato ascolto alle loro parole (San Matteo 10:12-14).

Scrivo queste righe dalla Piazza del Comune di Assisi, dove sto ormai da tempo "in penitenza", aspettando un qualche esito dalla mia lettera aperta indirizzata al Papa, perché chiarisca quella sua affermazione "Dio perdona chi segue la propria coscienza", che ha sconcertato non solo me, ma tanti altri credenti.

La mia manifestazione penitenziale, per amore della Chiesa e del Papa, che amo profondamente, e della Verità del Vangelo, che ha il potere di salvare quanti credono e si ravvedono: ebbene questo insolito segno di penitenza nel cuore di Assisi viene visto con un sorriso di sufficienza e compatimento da tanti che mi passano accanto, anche preti e frati... E pensare che l'altra sera, qui ad Assisi e  nelle altre 7 diocesi dell'Umbria, si è tenuto un incontro di evangelizzazione ispirato alla predicazione itinerante di San Francesco e dei primi francescani "Guai a quelli che non fanno penitenza...corrono verso la loro rovina!". Ma: ci crediamo veramente?

 


 

E’ scritto che "quelli che vanno in rovina….non hanno accolto l’amore della verità per essere salvi" (2° lettera di S. Paolo ai Tessalonicesi 2:10). Sì, dobbiamo aprire il cuore all’amore della verità per essere salvati, anziché chiuderlo per paura della verità ed essere dannati per l’eternità.

La paura della verità nasce dal timore, che il nostro dire le cose come sono ci renda meno felici, o infelici, o più infelici….e invece proprio confessando  e professando la verità possiamo gustare l’amore, la gioia e la pace di Cristo nei nostri cuori. Certo, nel confessare i miei peccati devo affrontare la sofferenza dell’umiliazione, della penitenza e riparazione per il male fatto. Così come professando di appartenere a Cristo mi espongo alla incomprensione e derisione - se non addirittura persecuzione - da parte del mondo.

Ma l’amore della verità dà la forza di sostenere il costo della verità. E la verità ultimamente non è una virtù opposta al peccato della falsità, ma è una persona: Gesù Cristo, che di se stesso ha affermato: Io sono la verità! Sì, e’ Lui la verità assoluta ed eterna, e la fede cristiana non è  una "religione", ma una "relazione" col Cristo Risorto. Essere cristiano, prima che una questione di condotta morale, significa in sostanza vivere in una relazione d’amore e obbedienza con Gesù: "egli è il vero Dio e la vita eterna!", esclama San Giovanni alla fine della sua prima lettera (5,20).

Ed è la persona vivente di Gesù Cristo, quella vera grazia di cui Santa Chiara ha scritto: "da quando ho conosciuto la grazia del Signore Gesù Cristo nessuna pena mi è stata molesta, nessuna penitenza gravosa, nessuna infermità mi è stata dura".

 


 

La recente sciagura ferroviaria di Santiago di Compostela, dove il deragliamento di un treno ad alta velocità ha causato così tante vittime anche tra pellegrini in arrivo per la festa di San Giacomo apostolo, porta inevitabilmente a chiedersi come il volere di un Dio che Gesù ci ha insegnato a vedere e a pregare come “Padre nostro”, si concili con eventi così luttuosi. Il proverbio “non cade foglia che Dio non voglia” ha un solido fondamento biblico in quel che Gesù diceva ai suoi discepoli, incoraggiandoli ad andare in mezzo a un mondo ostile come pecore in mezzo ai lupi. “Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure neanche uno di essi cadrà a terra senza che il Padre vostro lo voglia. Quanto a voi, perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati; non abbiate dunque timore: voi valete più di molti passeri!” (Vangelo di Matteo 10,29-31). Nulla sfugge allo sguardo di Dio; ma Dio lascia libere le sue creature, e lascia che subiscano le conseguenze di tante loro scelte e comportamenti sbagliati, come concepire treni che corrano a folli velocità senza nemmeno adeguati meccanismi di sicurezza. Non “vuole” che un treno deragli e mieta vittime, ma nemmeno “vuole” intervenire a evitare l’inevitabile, a meno che non veda, in mezzo ad una umanità disancorata da lui e dal suo Figlio salvatore, qualcuno che si rivolga con umile e fervente preghiera alla sua amorevole protezione: “sia fatta la tua volontà” che è sempre buona e sempre vittoriosa sul male “anche in terra, come è fatta in cielo”.

 


 

La recente sentenza della Corte suprema degli Stati Uniti che legalizza i matrimoni tra coppie dello stesso sesso, con l’esultanza di Obama per questo “storico passo avanti verso l’uguaglianza”, mi ha fatto ripensare al secondo Salmo del salterio della Sacra Bibbia, un Salmo che riguarda il “mondo” e il suo atteggiamento nei confronti di Dio “Perché le genti congiurano, perché invano cospirano i popoli? Insorgono i re della terra e i principi congiurano insieme contro il Signore e contro il suo Messia: - Spezziamo le loro catene, gettiamo via i loro legami! -“ vi si legge. Eh sì, stiamo assistendo all’ultima spallata che il mondo sta dando nei confronti di Dio e della sua legge santa. Dopo aver relativizzata la religione e la stessa nozione di Dio a qualcosa che ognuno può – se vuole - modellarsi a suo piacimento, purché non interferisca con il quieto vivere di un mondo che deve pensare solo ai soldi, ecco presi di petto gli stessi principi naturali iscritti nella coscienza di ogni uomo, come la realtà della coppia uomo - donna e della famiglia. Ma, continua questo Salmo, “Se ne ride chi abita i cieli, li schernisce dall'alto il Signore. Egli parla loro con ira, li spaventa nel suo sdegno”. E questo sta avvenendo su questa nostra terra, Dio sta manifestando i suoi giudizi, e la sua ira …

 


 

Scrivo queste cose perché forse chi mi legge ha sofferto il distacco - e morte significa in fondo “separazione” - da qualche persona cara. Mia moglie, Gioia, è deceduta, ed è stata inumata nel piccolo cimitero del paese qui vicino, Petrignano di Assisi. Ex evangelica, come me, è tornata insieme a me nella Chiesa Cattolica 33 anni fa, dopo l’incontro col fondatore della nostra Comunità di laici di ispirazione benedettina, Marcello Ciai.

Le  ultime parole “gridate” da mia moglie sono state; “Toglietemi le scarpe, toglietemi le scarpe!”. Eppure era già senza scarpe. Ma si stava presentando al suo redentore e giudice, stava entrando su una "terra santa", come fu per Mosè che, avvicinatosi al roveto ardente, sentì la voce di Dio che lo chiamava e gli diceva: “…Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale stai è una terra santa!” (Esodo 3, 4-5).  E come comparire davanti al Signore se non con l’umiltà di chi, consapevole della propria miseria, spera unicamente nella Sua immensa misericordia? Ma pure dei meriti, che lei stessa non riconosceva, Gioia ne ha avuti. Per lunghi anni ha avuto la responsabilità del centro di accoglienza dell’Associazione Iaca, a Gaiche di Piegaro, incontrando prove di ogni tipo, per il comportamento di alcune persone ospitate, la scarsità dei mezzi, i periodi di tempo, anche lunghi, passati in solitudine. Ma tutte queste difficoltà le ha superate con la sua fede, la sua preghiera e lo stretta e umile dipendenza dalla sua comunità.

Prima che la bara con il corpo di mia moglie venisse ricoperta di terra, lanciandovi sopra una manciata di terra ho sentito di ripetere a quanti assistevano, e a me stesso innanzitutto: “ricordiamoci che siamo stati tratti dalla terra, e in terra torneremo!” Ma poi quelle parole mi sono sembrate troppo riduttive. Chi le disse alla prima coppia, Adamo ed Eva, dopo il loro peccato (superbia, trasgressione, paura e nascondimento, discolparsi accusando l’altro: gli  stessi nostri peccati…) era il loro Creatore, che li aveva creati per condividere con loro la gioia dell’essere, e dell’essere a Sua somiglianza: Lui che certo non si annoiava, nella sua eterna e beata esistenza trinitaria! Ma, nel momento stesso in cui venivano pronunciate queste dure parole, Uno della benedetta Trinità decise che si sarebbe fatto uomo per condividere fino alla morte e sepoltura le tribolazioni di un’umanità decaduta, e redimerla riportando quanti a Lui si affidano ad un esistenza impareggiabilmente più bella di quella in cui ci creò. Gloria a te, Signore Gesù, che hai trionfato sulla morte, e ci hai aperto la strada per il Regno dei cieli, e su quella ci accompagni!

 


 

La recente visita di Shimon Peres ad Assisi - dove ha ricevuto la cittadinanza onoraria - mi ha fatto riflettere sul piano e i tempi di Dio verso il suo popolo Israele, la Chiesa e il mondo. “Preghi per tutti noi”, il Presidente israeliano aveva chiesto il giorno precedente a Papa Francesco. Questo mi ha fatto sentire più vicino quel giorno in cui, come scrive l’apostolo Paolo nella lettera ai Romani “tutto Israele sarà salvato”, perché riconoscerà in Gesù il Messia tanto atteso. Attraverso i secoli Dio è fedele alle promesse fatte al suo popolo eletto Israele, come lo è alle promesse fatte alla sua Chiesa che le potenze del male non la vinceranno. Sta a noi essere fedeli e salvarci da un’eterna condanna, e godere in eterno con Lui di quanto di inimmaginabilmente bello ha in serbo per quelli che lo amano.

 


 

Da Pasqua a Pentecoste

Quell’uomo di nome Gesù di Nazaret, crocifisso dai suoi connazionali per mano dei soldati Romani, è risorto, veramente!

Da questa, che è la “madre” di tutte le belle notizie - e oggi abbiamo così tanto bisogno di qualche buona notizia - procedono tante altre confortanti verità. Ne riporto qui una, su cui non dovremmo finire mai di meditare: risorgeremo anche noi, sì, ognuno di noi, inclusi io e te, chiunque tu sia, qualunque sia la tua fede o non fede. Risorgeremo con un corpo reale come quello del Risorto. Gesù lo ha detto in maniera inequivocabile: "verrà l’ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e ne usciranno: quanti fecero il bene per una risurrezione di vita, e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna" (Vangelo di S. Giovanni 5:28-29). Sì, avremo una nuova condizione corporea con la quale i salvati potranno godere quelle ineffabili delizie del regno dei cieli di cui parlano le Sacre Scritture, ad esempio quando l’apostolo Paolo scrive che: "quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano" (1^ Lettera ai Corinzi, 2:9). Ma anche sarà con il loro corpo risorto che i dannati soffriranno i tormenti eterni dell’inferno dove, e anche queste sono parole del Risorto e dunque parole di verità, "il loro verme non muore e il fuoco non si estingue" (San Marco 9:48).

Questo è il Vangelo. Parole di un’indicibile speranza di vita e gioia eterna, ma anche parole di una tremenda prospettiva di eterna perdizione. Ma coraggio, il Risorto ci è vicino, e ci chiama ad amare Dio con tutto il cuore, e fare il bene al nostro prossimo. E, risorti, saremo con Lui, per sempre, nella gloria eterna!

 


 

 

Pasqua 2013
 

E’ risorto! Davvero! Storicamente, nel tempo e nello spazio. Dubiti? Non ci credi? E’ risorto lo stesso. Questo significa che risorgeremo anche noi. Si, ma per la vita o la morte eterna. L’ha detto Lui, il Risorto (San Giovanni 5:23). E se veramente crediamo in Lui, siamo liberati dalla paura di tutte le paure: quella di morire. La morte diventa un “passaggio a miglior vita” perché andremo a stare con Lui, il Vivente.

E’ risorto veramente e veramente tornerà per ricreare un mondo inimmaginabilmente bello di amore gioia e pace, preparato per coloro che Lo amano. E’ risorto! In questo stesso momento posso rivolgermi a Lui sicuro che mi ascolta, e dirgli: grazie che sei morto e risorto per me, vengo a Te, salvami! Vieni presto Signore Gesù! Maranàtha! Alleluia!

 

 

Quaresima 2013

 

Quaresima: è cominciata quest'anno prima del mercoledì delle ceneri, perché due giorni prima la notizia di un evento veramente “epocale” ha percorso e stupefatto il mondo: Papa Benedetto XVI ha annunciato di lasciare il soglio petrino e la guida della Chiesa Cattolica alla fine di questo mese di Febbraio. Un Papa consapevole della portata storica di questo suo gesto, che non lascerà più le cose come prima; ma che sa di rimettere le sue dimissioni nelle mani del…  Padre Celeste, il “Santissimo Padre”. Lo  scorso anno scrissi alcuni pensieri “quaresimali” partendo da un' esortazione fatta da Papa Ratzinger ai parroci di Roma, che parlassero di più ai fedeli di quella triste e purtroppo ineliminabile realtà ultraterrena che è l'Inferno. Anche in questa quaresima vorrei condividere, con l'aiuto di Dio, alcune riflessioni che possano aiutare a prendere sul serio non solo questo tempo quaresimale, ma anche i tempi in cui  stiamo vivendo.

 

Qualche giorno dopo l’annuncio del Papa, un altro fatto epocale: una pioggia di meteoriti ha ferito, in Russia, più di mille persone: “Gli astri cadranno dal cielo” ci ha premoniti Gesù a proposito degli eventi apocalittici che precedono il suo ritorno, “e le potenze dei cieli saranno sconvolte. Allora comparirà  nel cielo il segno del Figlio dell’uomo e allora si batteranno il petto tutte le tribù della terra, e vedranno il Figlio dell’uomo venire sopra le nubi del cielo con grande potenza e gloria….” (Matteo 24:29-30). C'è ancora qualche devoto che, recitando convinto il “mea culpa”,  si batte il petto, come in maniera molto più aspra tanti facevano in passato. Ma verrà il giorno - ed è vicino, in cui tutto il mondo - un mondo che nel complesso ha chiuso il cielo in faccia a Dio e al suo Cristo - si batterà il petto: ma sarà troppo tardi. Quelli che invece hanno perseverato nel riconoscersi peccatori ed emendarsi, le braccia le alzeranno verso quel Gesù che viene, tanto atteso perché tanto amato; e sta scritto - Prima lettera di San Paolo ai Tessalonicesi, Capitolo 4 - si alzeranno loro stessi a volo per incontrarlo nel cielo. Approfittiamo di questo tempo quaresimale in questo scorcio della storia che prelude al ritorno di Cristo, per  tornare a lui con tutto il cuore e poter esclamare convinti: Maranatha, vieni Signore Gesù, vieni presto!

 

“Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te…” (Luca 15:18) - così si legge nella stupenda Parabola del padre misericordioso - la conoscevamo come  “parabola del figliol prodigo”: è il punto di svolta di un giovane che, dopo aver sperperato tutto in un paese lontano e essersi ridotto alla fame e a pascolare i porci, decide di tornare al padre. Un dettaglio di questa parabola, ce la fa sentire più che mai attuale per noi: vi si legge che in quel paese “lontano” era venuta una  grande carestia. E’ il nostro mondo: lontano da Dio, e in un collasso economico che farà ritornare la fame anche nei nostri paesi occidentali. “Perché dite: Pace, libertà, benessere, quando queste cose non ci sono e non potranno essere?” - è scritto nella seconda profezia su Roma (“Alla Città gaudente”) avuta anni fa da Marcello Ciai - “Guerra, oppressione e fame io manderò allora sulle vostre nazioni”. Il dramma di tante persone che hanno perso il lavoro, e di tante famiglie che non arrivano a fine mese, cresce in modo impressionante: descritto nei dettagli e nelle sue tragiche conseguenze in una delle altre profezie di Marcello Ciai (Profetizza!), questo inarrestabile crollo economico metterà gli uni contro gli altri. La via di uscita? Fare come “il figliol prodigo”: ritornare in noi stessi, e alla nostra dignità di figli di un Dio Padre onnipotente, lasciando un mondo che ruota attorno a se stesso e ai soldi e ha chiuso il cielo in faccia a Dio e al suo Cristo. Per tornare a dire come San Francesco quando, spogliatosi nudo in presenza di tutti, rese le sue vesti all’avaro padre terreno: d’ora in poi non dirò più “padre mio Pietro da Bernardone” ma dirò: “Padre nostro che sei nei cieli”.
 

Settimana Santa

Sono giorni di particolare impegno spirituale per chi crede nella passione, morte e risurrezione del Figlio di Dio. La Chiesa ci aiuta con i suoi riti, in molti luoghi ci sono solenni rievocazioni della Passione di Cristo, ma può avvenire che il ricordo di quanto Lui ha patito per noi possa farci perdere di vista quanto Lui ancora soffre per la Sua Chiesa e questa nostra povera umanità. Sì, dopo lo strazio di quella interminabile notte di torture e oltraggi, e quelle lunghissime ore inchiodato sulla croce, nell’alto dei cieli, dove è ora seduto alla destra di Dio Padre, Gesù continua a soffrire, in particolare nei suoi e per i suoi. San Paolo lo comprese quando, sulla via di Damasco dove si recava per imprigionare e uccidere i Cristiani, una voce dal cielo gli disse: “ Saulo, Saulo, perché Mi perseguiti?” E da allora divenne il più infaticabile degli Apostoli, bramava di partecipare alle sofferenze del suo Signore, scriveva: “Siamo coeredi di Cristo, se veramente partecipiamo alle sue sofferenze, per partecipare anche alla sua gloria”. (Romani 8:17) Spesso dei Santi conosciamo soprattutto gli aspetti più agiografici, miracolistici, ma quando veniamo a conoscenza di tante loro penitenze, di tanto loro macerarsi nel corpo e nello spirito, non le comprendiamo, o abbiamo addirittura un senso di ripulsa. Ci chiediamo; perché dover soffrire così? Perché l’amore vero è quello che Cristo ha manifestato sulla croce, l’amore che soffre; e nel suo grande amore Gesù continua a soffrire per noi, che lo facciamo soffrire con i nostri peccati, la nostra impenitente durezza di cuore. Mentre ripercorriamo le sue ultime e dolorosissime vicende terrene, il Risorto ci vede e ci interpella: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua”. (Matteo 16:24) Ma chi fa veramente così, scopre con gioioso stupore che il “giogo” di Gesù è dolce, e il suo “carico” è leggero!

 

 


 

 

Come ai tempi di Giovanni Battista

 
Ci sono molte analogie tra i nostri tempi e quelli in cui "comparve Giovanni il Battista a predicare nel deserto": perchè anche oggi c'è deserto intorno a noi, un deserto spirituale che avanza. Le folle che andavano a farsi battezzare da Giovanni, lo interrogavano: "Che dobbiamo fare?". In tempi di smarrimento, di paura e di sconcerto come questi in cui viviamo, dove nulla sembra più sicuro, c'è bisogno che Dio ci parli, c'è bisogno di Profezia. Nel suo ministerio profetico Giovanni Battista parlava della giustizia divina che incombeva sui suoi contemporanei, se non si fossero ravveduti. Ma oltre che di giustizia divina, parlava anche di giustizia umana: gli esattori delle tasse non dovevano riscuotere più del dovuto; e la gente doveva imparare la vera solidarietà: "chi ha due tuniche ne dia una a chi non ne ha; e chi ha da mangiare, faccia altrettanto". Ma è purtroppo vero che "nessuno si prende a cuore la causa del povero", come ricorre nella profezia "Alla Città Gaudente" - Roma - avuta anni fa da Marcello Ezechiele Ciai: un vero profeta che Dio ha suscitato nella terra di Assisi per fustigare la durezza dei cuori e la superbia umana, e preannunciare l'imminenza della giustizia finale di Dio, prossima a realizzarsi col secondo avvento di Gesù su questa terra: "il grande giorno è vicino! ... Ravvedetevi finchè siete in tempo!".

 


 

Natale, la festa delle feste, come la chiamava San Francesco. Dono di Dio, queste festività, dono per tutti, buoni e cattivi, giusti e ingiusti, credenti e non: si perché da quella mangiatoia da un Dio fattosi umile fino a nascere in una stalla da una povera famiglia, echeggia estremo l'invito: "Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò." (San Matteo 11:28); "chi non ha denaro venga ugualmente; comprate e mangiate senza denaro e senza pagare ..." (Isaia 55:1); "Chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete." (San Giovanni 6:35). Nel frastornamento delle festività natalizie, beato chi sa cogliere e far suo quell'accorato invito ad andare a Lui, il vero pane disceso dal cielo,  il vero dono di Dio per questa nostra povera umanità, in questi ultimi tempi della Divina pazienza. Poi Lui, Gesù, tornerà: quanti Natali avremo ancora da festeggiare? Tanti segni, a cominciare da quelli di cui il Signore ha parlato nel Suo discorso profetico, additano in un prossimo futuro il Suo ritorno: e beato chi, mentre festeggia la Sua prima venuta, aspetta con trepidazione il Suo ritorno: Maranatha, Vieni, Signore Gesù!

 


 

In tempi in cui gli eventi catastrofici che si susseguono e il nuovo fronte di guerra tra Israele e Palestina gettano paura e terrore tra la gente, è più che mai attuale e pressante l’appello di Gesù nel Vangelo a pregare incessantemente. In Assisi c’è un nuovo “Luogo di Preghiera”, ecco come vi è sorto: io tutte le notti staziono sotto il porticato della Basilica di san Francesco, dove persone vengono a trovarmi per condividere e pregare. Viene a notte fonda anche Marcello Ciai, l'uomo che grazie a Dio nel 1980 fondò la comunità di cui ho fatto parte dall'inizio, e poi nel 1991 l'associazione Iaca. A motivo della sua salute precaria e del rigore di certe notti invernali, rivolgemmo domanda al Comune per avere un piccolo spazio dove poterci ritirare a pregare: una richiesta di aiuto per una persona malata, a cui ha corrisposto un premuroso gesto dell'amministrazione comunale. Abbiamo ristrutturato con impegno quel vecchio e malsano ex-urinatoio abbandonato, che certo non recava lustro a quel suggestivo tratto di Via San Gabriele dell'Addolorata, sotto la Piazzetta delle Erbe. l'abbiamo trasformato in una piccola ma suggestiva cappellina, per nulla impensieriti dall'origine certo non nobile del posto: nostro Signore Gesù Cristo, il Signore della Gloria, nacque in una stalla! A nostra sorpresa questo luogo ha destato e desta l'attenzione di tanti turisti e/o pellegrini italiani e stranieri: lo fotografano e infilano biglietti con richieste di preghiere nella fessura che abbiamo praticato appositamente nella porta di legno, richieste che onoriamo pregando lì nella notte. Tanto interesse e apprezzamento è attestato dalle molte lettere, messaggi ed e-mail che riceviamo da tante parti d'Italia e del mondo. Questo luogo di preghiera dunque si sta rivelando una benedizione per tanti oltre che costituire una particolarissima nuova attrattiva spirituale di questa nostra terra di San Francesco.

 


 

Quello che Dio ha operato nella vita di Marcello Ezechiele Ciai, il “profeta di Assisi” - a cui tra l’altro il Signore dette di scrivere una vibrante e dettagliata profezia sul terremoto del 1997 - non finisce di sorprendermi. Man mano che confronto la sua singolarissima vicenda spirituale con la vita di San Francesco, trovo delle sbalorditive “analogie”, che mostrano come Iddio continui un Suo particolarissimo intervento nella serafica, mistica e misteriosa Assisi, fortezza spirituale e baluardo della Chiesa.

Francesco si firmava con il “Tau”, ultima lettera dell’alfabeto ebraico. Scrive San Bonaventura nella sua biografia di San Francesco: “Il Santo nutriva grande venerazione ed affetto per il segno del Tau: lo raccomandava spesso nel parlare e lo scriveva di propria mano sotto le lettere che inviava, come se la sua missione consistesse, secondo il detto del profeta, nel segnare il Tau sulla fronte degli uomini che gemono e piangono, convertendosi sinceramente a Cristo” (vedi Fonti Francescane, 1079). Il “profeta” biblico da cui Francesco prese questo segno è Ezechiele, dove si legge che col “Tau” venivano segnati coloro che sarebbero scampati dallo sterminio che incombeva sulla idolatra e ribelle città di Gerusalemme (Ezechiele 9,4).

Ottocento anni dopo San Francesco, a Marcello Ezechiele, che viveva appartato in una casa sulle pendici dal Subasio, il Signore - era circa trent’anni fa - cominciò a manifestarglisi con delle visioni notturne. Nella prima di queste visioni - davvero stupefacente per il suo contenuto - sentì una voce dirgli che doveva seguire le rivelazioni del profeta Ezechiele: “non conoscevo quel nome e nulla sapevo a riguardo del profeta Ezechiele” scrisse poi Marcello nel racconto di questa irruzione del Soprannaturale nella sua vita (riportato nel libro “Marcello Ezechiele Ciai, Profezie”, edito a cura dell’associazione Iaca nel 2010).

Dunque ecco ricomparire misteriosamente, ad Assisi, otto secoli dopo, il profeta Ezechiele!

Ma c’è dell’altro!
 

Nella sua “Leggenda maggiore” San Bonaventura vede in San Francesco l’Angelo di cui si legge nell’Apocalisse che, all’apertura del sesto sigillo, sale dall’Oriente recando il sigillo del Dio vivente. Nel mio libro "Dalla terra di Assisi lo Spirito di profezia sul crollo dell' economia" ho raccontato quanto un umile agricoltore della terra di Assisi, che si recava spesso a pregare da Marcello, mi riferì di aver sognato a suo riguardo: che cioè in sogno l’aveva incontrato e gli aveva chiesto: “Ma tu da dove vieni?” e una voce gli aveva risposto “Viene dall’Oriente Fumante!”. Dunque anche Marcello, come l’Angelo del sesto sigillo, "viene" dall’Oriente!

E c’è ancora dell’altro. A Francesco che non aveva certamente seguito corsi di teologia – in realtà non aveva nemmeno ultimato i normali studi che facevano i suoi compagni – Iddio rivelò il Tau, ultima lettera dell’alfabeto ebraico, come simbolo della sua missione di salvezza. Oggi sono tanti i turisti e pellegrini in Assisi che nei tantissimi negozi in cui lo si può trovare , prendono e anche mettono al collo un “Tau” di legno, magari senza saperne il suo ultimo ed estremamente serio significato. Si perché anche su questo nostro mondo idolatra e ribelle a Dio e al suo Cristo, incombe lo sterminio. Gesù ne ha parlato chiaramente, nel Vangelo: "Q
uei giorni saranno una tribolazione, quale non è mai stata dall'inizio della creazione, fatta da Dio, fino al presente, né mai vi sarà. Se il Signore non abbreviasse quei giorni, nessun uomo si salverebbe. Ma a motivo degli eletti che si è scelto ha abbreviato quei giorni." (Marco 13:19-20)
E da questo sterminio scamperanno quanti hanno il Tau nel cuore, quanti “gemono e piangono” per i loro peccati e quanti non si sono assuefatti al male che vedono attorno a loro.

Ma ecco che anche a Marcello Ezechiele – lui pure assolutamente a digiuno di cose teologiche – il Signore rivela alcune lettere dell’alfabeto ebraico (“HE”, “HET”, “BETH”) che lo portano al Salmo 118 (119), e di qui alla lettura di tutta la Bibbia. Una in particolare di queste lettere gli rimane impressa, la “HE”
simbolo di un uomo che prega e loda con le mani alzate: Alleluia!

Nelle profezie di Marcello, l’appello alla conversione è rinforzato dalla consapevolezza che siamo negli ultimi tempi: il settimo sigillo è stato ormai aperto e stiamo vivendo gli ultimi eventi della storia umana; il giorno del Signore, il ritorno di Gesù, si avvicina a grandi passi. Per molti, purtroppo, sarà un “Dies Irae”, giorno di angoscia e di afflizione, giorno di tenebre e di caligine; come già annunciato da uno dei più antichi profeti (Sofonia, 1:15). Ma quanti "attendono con amore la manifestazione di Gesù" (così San Paolo a Timoteo, 4:8), al ritorno del Signore rialzeranno il capo, come dice Gesù nel vangelo; ed esclameranno con le braccia alzate, come prefigurato nella misteriosa “HE” rivelata a Marcello: "Alleluia! Vieni, Signore Gesù!"

 


 

La persecuzione verso i cristiani sta aumentando in varie parti del mondo islamico; e a questo punto è doveroso un chiarimento a proposito del dialogo interreligioso.

La visita di San Francesco al Sultano d'Egitto è invocata da molti come esempio di questo "dialogo" tra le varie confessioni, tanto ricercato quanto ampiamente infruttuoso.

Leggendo gli scritti di San Francesco e le altre "Fonti Francescane", risulta chiaro che San Francesco andò dal Sultano d'Egitto non tanto per dialogare, ma con la speranza di convertirlo: fedele esecutore del mandato di Gesù - la cui Parola San Francesco volle adempiere "sine glossa": "andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo ad ogni creatura: chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato" (San Marco 16:15-18).

Queste parole non suonano "ecumeniche", e per una falsa ricerca di "buona pace" con le altre religioni, tanti cristiani si vergognano di dirle. Ma Gesù ha ammonito: "non pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra; sono venuto a portare non pace, ma spada. Sono venuto infatti a separare..." (San Matteo 10:34-35). Eh si, il Vangelo separa quelli che lo accettano, da quelli che non vogliono credere. E stando alle Parole di Gesù, "chi rifiuta il Vangelo sarà condannato".

"Io non mi vergogno del Vangelo" scriveva l'apostolo Paolo ai Romani (1:16); e noi non ci vergogniamo di professare nella sua interezza il Vangelo, in base al quale Gesù, quando tornerà, giudicherà "vivi e morti" (giudicherà anche Maometto, Budda, Confucio: ma questa è un'altra verità di cui tanti preferiscono non parlare).

"Ricerchi gloria nelle alleanze politiche e religiose; parli di ecumenismo; ma si può mettere una melagrana marcia insieme a dei limoni acerbi per farne un dolce ?!" Così il Signore ispirò Marcello a scrivere alla fine della sua prima grande profezia ("Il Mantello") rivolta a Roma e alla Chiesa.

"Integralismo cristiano"? In un certo senso si; ma professato da chi è disposto a offrire la sua vita al martirio per amore delle persone a cui proclama il Vangelo, come avvenne agli apostoli, che morirono tutti martiri, tranne San Giovanni, in varie parti del mondo conosciuto allora; e come anche avvenne ai primi martiri francescani in Marocco.

 



Quaresima 2012

E’ Quaresima, e ho sentito di scrivere – di qui fino a Pasqua – alcune considerazioni su questa ineliminabile – e indubbiamente scomoda e sgradevolissima – realtà che è l’inferno, di cui parlano chiaramente e diffusamente le Sacre Scritture, e in cui hanno sempre creduto tutti i santi della nostra Chiesa; una verità ribadita nel corso dei secoli dalla Chiesa stessa in ben sei Concili.
 

2 Aprile 2012 – Settimana “Santa”, “diversa” da tutte le altre 51 settimane dell’anno: perché in questa settimana, in un modo tutto particolare "annunciamo la morte del Signore e proclamiamo la Sua resurrezione", come i fedeli dicono nella Santa Messa dopo la consacrazione dell’ostia, aggiungendo: “Nell’attesa della Sua venuta!”. Ma proprio questa “attesa” del ritorno di Cristo – ormai sempre più vicino – dovrebbe impartire un tono particolare a questa particolarissima settimana.

Qui in Umbria sono tante le rievocazioni della “passione” di Gesù, in costume dell’epoca e con grande coinvolgimento di folla: ma se vi assistiamo senza la percezione che Lui, risorto una volta per sempre e asceso al cielo, di lassù scruta i nostri cuori e i nostri sentimenti; e se non teniamo desta in noi l’attesa del Suo prossimo ritorno affinché, come sta scritto: “non veniamo svergognati alla Sua venuta” ma pieni di amore e gioia  gli andiamo incontro in cielo, come scriveva San Paolo ai Tessalonicesi: beh, allora quelle rievocazioni rimarranno per noi solo sterile folclore.

Alle donne che lungo la Sua “Via Crucis” si battevano il petto, il Signore disse: “Piangete su voi stesse e sui vostri figli” (quanti  ne sarebbero morti  durante la distruzione di Gerusalemme!), proiettando poi il suo sguardo profetico sui nostri tempi, nei quali un mondo arroccato nel suo relativismo etico e religioso vivrà con sorpresa e sgomento la Sua venuta e, come si legge nel Vangelo “si batteranno il petto” ma ormai troppo tardi “tutte le tribù della terra”.

E allora che questa Settimana Santa non trascorra invano: il ricordo della passione e resurrezione del Signore Gesù, ci muova a convertirci veramente con amore e timore a Lui che presto tornerà a separare le pecore dai capri, in un inoppugnabile giudizio che destinerà gli uni alla condanna e gli altri alla gioia eterna.
 

12 Marzo 2012 - Tanti cercano di sfuggire in tutti i modi possibili le incontrovertibili affermazioni delle Sacre Scritture che l’Inferno c'è, e purtroppo tanti sono quelli che vi saranno reclusi per sempre. E allora c’è chi  scrollando con sufficienza le spalle dice: “Mah, di là non è tornato mai nessuno a dircelo!”, pur dopo quasi 2000 Pasque in cui si celebra la risurrezione di Gesù che di là è veramente tornato, e ci ha detto chiaramente come stanno le cose. Altri, insistendo che Dio è amore, arrivano a dire che in questi passi Gesù parla per iperboli, o forse non ha mai dette quelle parole, interpolate da persone che hanno manipolato i testi magari per spaventare e tenere buona la gente...

La realtà è che se rileggiamo un vangelo sottolineando con un colore blu dove parla del Paradiso e con il rosso dove parla dell'Inferno, saremo sorpresi da quanto risulterà colorato di rosso quel vangelo! E Gesù si aspetta che la testimonianza delle Sacre Scritture sull'Inferno sia sufficiente per convincere quanti hanno orecchie per udire. Così, nel racconto del ricco e Lazzaro, alla richiesta che il ricco, fra le fiamme dell’Inferno, fa ad Abramo di mandare Lazzaro ad avvertire i suoi fratelli, perché non finissero come lui tra i tormenti, Abramo risponde "Hanno Mosè e i profeti" - cioè, le Sacre Scritture – “ascoltino loro. Se non ascoltano Mosè e i profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti..." (Luca 16:29-31)

Si, l'Inferno c'è, e non se ne scappa per l'eternità. E, ha detto Gesù, molti sono quelli che entrano per la porta larga e la via spaziosa che conduce alla perdizione (Matteo 7:13). C'è da rabbrividire. Di qui la pressante esortazione del Signore "Sforzatevi di entrare per la porta stretta... (Luca 13:24) "Quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita eterna, e pochi sono quelli che la trovano!” (Matteo 7:14). San Gregorio Magno, il grande Papa della fine del 6° secolo, uno dei quattro padri della Chiesa occidentale, rivolgendosi alla folla dei fedeli che ascoltavano le sue omelie, li ammoniva chiaramente più o meno in questi termini: "Quanti siete qui, in questa Basilica! Ma quanti di voi sarete salvati?"

Ma quanti nella Chiesa oggi hanno il coraggio di parlare così?


27 Febbraio 2012 - Mi è capitato sotto gli occhi un vecchio articolo di giornale che riportava un’esortazione fatta da Papa Benedetto XVI ai parroci di Roma, che parlassero più dell’inferno, una realtà molto spesso totalmente trascurata nelle omelie dei sacerdoti. "Tu  hai parole di vita eterna" disse Pietro al Signore Gesù, in un momento cruciale del suo ministerio, quando a seguito di un suo discorso molto forte su cosa significasse seguirLo, gran parte dei discepoli lo avevano abbandonato. Rivoltosi ai dodici, Gesù aveva provocato la loro fede e fedeltà, chiedendo loro: "Forse anche voi volete andarvene?" e Pietro, parlando a nome di tutti, rispose prontamente: "Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna…". Sì, il Vangelo annunciato da Gesù è una  "buona notizia" innanzitutto perché promette la vita eterna a chi segue il Signore, offrendo la salvezza da una condanna eterna che incombe su un mondo ostile e ribelle a Dio. “Chi crede nel Figlio ha la vita eterna” - sta scritto nel Vangelo di San Giovanni, (3,36) - “chi non obbedisce al Figlio non vedrà la vita, ma l’ira di Dio incombe su di lui”. Se non si parte dalla visione di un mondo che, non avendo accolto Gesù, è già sotto il giudizio di Dio, e perciò orientato verso una condanna eterna; se non si prende atto che “tutto il mondo giace sotto il potere del maligno” (I^ lettera di San Giovanni 5,19) e sta andando in perdizione, allora l’intervento di Gesù nella storia, le stesse parole “salvezza” e “salvatore” perdono la loro consistenza, il loro significato più profondo e viene a scemare quel “timor di Dio” che la Bibbia addita come “principio della sapienza”, punto di partenza per conoscere veramente Dio e beneficiare della redenzione che Lui ci offre in Cristo.

 


 

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